"Matsuev, la sensibilità al piano. La Santa Cecilia si esalta"
SETTEMBRE DELL'ACCADEMIA. Russia e Italia a confronto nel quarto concerto della rassegna al Teatro Filarmonico. In Rachmaninov il solista siberiano vince la sfida interpretativa. L'orchestra diretta da Pappano ha una straordinaria duttilità September, 22, 2011 Russia e Italia a confronto, nel quarto concerto del «Settembre dell'Accademia». Da una parte, autori popolari e di forte impatto emotivo (anche se non certo nel «canone» dei grandi fra Otto e Novecento) come Rachmaninov e Rimskij-Korsakov; dall'altra - più o meno nello stesso periodo (gli ultimi anni dell'Ottocento e i primi del XX secolo) - il Puccini solo strumentale, sempre drammaturgicamente connotato eppure straordinariamente ricco e capace di aspirare al genere «assoluto». Da un lato uno dei pianisti russi più in vista oggi nel panorama internazionale, il non ancora quarantenne siberiano Denis Matsuev; dall'altro l'orchestra dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia, che nel mondo delle grandi formazioni sinfoniche internazionali ha conquistato da qualche tempo all'Italia un posto di primissimo piano e che in questa occasione si è presentata con il suo direttore principale, Antonio Pappano, cittadino del mondo con radici saldamente italiane.Il secondo Concerto per pianoforte di Rachmaninov (1907) è una rinomata palestra del virtuosismo più acrobatico e arduo alla tastiera, ma è anche un esemplare tipico della turgida, spesso retorica scrittura sinfonica di quest'autore, che disegna paesaggi espressivi grandiosi quanto generici nella massiccia strumentazione e nella generica passionalità. Al pianista sono richieste al contempo agilità, precisione e forza: si tratta di reggere il confronto con un'orchestra spesso lanciata a pieno organico in grandiose perorazioni, tuttavia non limitando il ruolo dello strumento solista a una muscolare energia percussiva, ma sfidandolo a una ricerca espressiva meditata.Matsuev ha dimostrato di avere tutto quello che serve per una simile sfida interpretativa, compresa una sensibilità musicale che lo porta magari a rinunciare in qualche momento al peso del suono per delinearne altre qualità, a partire da un bel colore perlaceo e da piani espressivi molto «pensati».Certo, Pappano non fa «sconti» nella misura del necessario «pieno» orchestrale, definito con straordinaria ricchezza non solo nella spinta dei piani dinamici ma specialmente nello smalto, nella tinta (indimenticabili i violini lanciati nella zona bassa della loro tessitura). Questo ha reso il confronto solista-orchestra a tratti un po' diseguale, ma musicalmente molto ricco e denso di sottigliezze tutte da gustare. Il pubblico che gremiva il Filarmonico ne è stato entusiasta ed ha più volte richiamato alla ribalta Matsuev, strappandogli un paio di bis chiusi dal celebre Preludio «alla marcia», sempre di Rachmaninov.
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